Un LuOgo di musica, con Matteo Penazzi
Il progetto musicale
di Chiara Tartagni – foto di Gianluca Gasperoni
LuOgo ha vissuto tante vite nel corso della sua permanenza nel cuore di Lugo. Una di queste è certamente quella degli eventi che si sono tenuti al suo centro, una calamita che attirava cittadini, passanti, turisti. Fra le tante iniziative che hanno animato questa piccola arena, il concerto all’alba del pianista Pietro Beltrani si è rivelato un momento particolarmente suggestivo… anche per motivi atmosferici. Beltrani, eclettico ed esperto musicista, ha portato dentro LuOgo le composizioni di Claude Debussy, un autentico “pittore dei suoni”. Una scelta coerente con la vocazione di Lugo Music Festival, la manifestazione promotrice dell’evento, che si propone di portare musica, cinema e cultura al pubblico più ampio possibile e sempre nel segno della sostenibilità. Ci racconta tutto Matteo Penazzi, che di Lugo Music Festival è il direttore artistico.
Cosa ti ha portato fino alla direzione artistica di Lugo Music Festival e cosa ti ha segnato nel tuo percorso?
Un’esperienza essenziale per me è la collaborazione con il direttore artistico di World Youth Orchestra. Questo progetto di peacekeeping coinvolge giovani musicisti di ogni nazione e religione, provenienti da tutto il mondo. Porta un messaggio inequivocabile di fratellanza soprattutto in paesi con situazioni di rivalità. L’impatto è reale e potentissimo. Israele e Palestina, Russia e Ucraina improvvisamente si ritrovano insieme, nella stessa orchestra. Ma è una cosa del tutto naturale: i musicisti sono troppo abituati alla bellezza, quindi le divisioni non possono esistere. Progetti come questi si traducono in qualcosa di profondamente radicato nella realtà, come ad esempio iniziative dedicate a bimbi orfani che non avrebbero la possibilità di studiare musica. La stessa libertà di coinvolgimento, senza limiti di credo o politica, la ritrovo in Lugo Music Festival.
Cosa significa per il nostro territorio ospitare questa manifestazione? Che tipo di ispirazioni e aspirazioni porta?
Mi viene in mente il famoso esperimento del Rat Park: se il singolo topo veniva inserito in un ambiente simile a un parco, in gruppo con altri topi, diminuiva la sua dipendenza da sostanze stupefacenti. L’isolamento sociale o il senso di comunità hanno un effetto incredibile sulle dipendenze. Lo stesso che può avere la musica sul benessere e sulla salute delle persone. Al contrario degli scienziati che hanno condotto l’esperimento, io non ho dati precisi, ma posso dire che la musica è sicuramente un’ottima scusa per aggregarsi e porta con sé un potenziale risveglio dall’isolamento. È un’occasione per rinascere. Noi occidentali siamo intrappolati in modalità di partecipazione standardizzate. In altri luoghi del mondo, o anche in alcune specifiche realtà italiane, sono invece attivi progetti di riscatto sociale con la musica al centro, perché è come il cibo: unisce allo stesso modo. Ritorno sull’esempio di musicisti palestinesi e israeliani: la musica può unire anche chi si considera ogni giorno un nemico. E in 6 anni di progettualità questo
riscontro è ormai più che evidente.
Musica e architettura condividono molto, a livello concettuale così come progettuale. Ti è mai capitato di pensare a una partitura musicale come a un edificio?
In questo caso potrei pensare ai ruoli di due strumenti musicali: piano e violino. Il primo costruisce l’armonia attraverso molte note, mentre di solito il violino produce una sola nota alla volta, dando la sensazione di non avere fondamenta. Nella partitura del pianoforte una mano crea l’armonia e l’altra la melodia. C’è sempre bisogno di un’armonia sotto e una melodia sopra, altrimenti sarebbe come una casa nuda. Prima devono esserci i pilastri e poi li si veste con muri, arredamento e storie delle persone che abitano quella casa. All’interno di un unico spazio io posso festeggiare il compleanno, stare male, fare un aperitivo. LuOgo è a sua volta un contenitore che è stato abitato da varie storie.
Il bellissimo concerto di Pietro Beltrani si è tenuto proprio all’interno di LuOgo. Come si sono relazionati a tuo sentire lo spazio e la musica durante questo evento?
Ci tengo a ricordare un avvenimento piuttosto significativo dell’atmosfera che si era creata: proprio all’inizio del brano La cattedrale sommersa di Claude Debussy ha iniziato a piovere! In LuOgo spazio e musica si sono relazionati in modo diverso da quello standard, con un pubblico ampio e composto anche dai curiosi che passavano durante l’arco del concerto. È stato capace di attirare e accogliere anche chi non sapeva dell’iniziativa. Non a caso la progettualità di Lugo Music Festival è tutta basata su spazi aperti. La musica si sposta e fa spostare. Quando partecipi a un evento, vieni a conoscenza di un altro evento ancora… e così
ti sposti di nuovo.
Architettura e musica possono condividere lo stesso obiettivo di accoglienza civile?
LuOgo ci ha mostrato che è possibile accogliere entrambe, così com’è stato per altri eventi avvenuti al suo interno. Credo che un architetto abbia una grande responsabilità. L’architettura in sé è accoglienza uterina, è un grembo, anche quando non ha tetto. Vorrei davvero che la sinergia nata per quella porzione di prato diventasse qualcosa di stabile. Servono tutti i contributi possibili: chi compone, chi suona, chi apprezza, chi investe. La gente ha capito che un progetto come LuOgo poteva moltiplicare l’energia umana. Il temporaneo deve lasciare tracce durature.
Se pensi alla forma del cerchio, a quale melodia l’associ?
La valse di Maurice Ravel. Parte con un richiamo al valzer, caotico, confusionale e solamente accennato. Va assolutamente ascoltato tutto, perché il valzer vero e proprio parte solamente dopo un minuto e mezzo. Ora immaginiamo che l’uomo e la donna, ballando il valzer, disegnino continuamente dei cerchi come se avessero la grafite di un compasso sotto ai piedi. È come se disegnassero continuamente un cerchio che si sposta e anzi, ne disegnano due differenti: un cerchio vero, per così dire, e uno più schiacciato, ellittico. Oltre al riferimento geometrico, La valse è doppiamente coerente, perché inizia con una nebulosa primordiale: è l’inizio del processo creativo. È il momento in cui nasce un’idea, che poi si organizzerà nella mente grazie al contatto con altre persone, manifestandosi in qualcosa di sensato, definito. La musica a sua volta è la disciplina che organizza il suono, così come l’architettura è la disciplina che organizza lo spazio. La musica ha bisogno dello spazio perché le onde si propaghino e diventino suono.
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