Il moto dello sguardo
Il progetto musicale
di Chiara Tartagni – foto di Gianluca Gasperoni
Paradossalmente, ma forse non troppo, è il cielo a definire la nostra interpretazione della vita terrena e perfino decisioni politiche dal profondissimo significato. Dall’osservazione delle stelle l’essere umano ha concepito le costellazioni e il sistema dello Zodiaco, sulla base di intensi intrecci archetipici e mitologici. Il giorno in cui prese ufficialmente il potere a Firenze ispirò a Cosimo I de’ Medici la scelta della propria impresa, ossia l’emblema di riferimento: il futuro Granduca di Toscana indicò il Capricorno,
segno zodiacale corrispondente al 9 gennaio 1537.
Una determinazione più potente di qualsiasi dichiarazione verbale, poiché il Capricorno era stato individuato come personale ascendente da personaggi come Augusto. Come volgiamo il nostro sguardo agli astri fin dalla notte dei tempi, allo stesso modo ci guardiamo intorno e progettiamo gli spazi in cui vorremmo muoverci. Perché lo studio dei movimenti planetari e stellari ha avuto per lungo tempo l’obiettivo di celebrare la divina creatività e di conseguenza favorire il futuro più prospero possibile per l’umanità. Sollevati verso l’alto, i nostri occhi si posano da sempre su di un’immensa cupola, sulla cui illusoria e irresistibile superficie si spostano oggetti luminosi.
«Sia perciò egli letterato, esperto nel disegno, erudito nella geometria, e non ignorante d’ottica, istruito nell’aritmetica, siangli note non poche istorie, abbia udito con diligenza i filosofi, sappia di musica, non ignori la medicina, abbia cognizione delle leggi dei giurisprudenti, intenda l’astronomia e i moti del cielo». Con queste parole Vitruvio descrive l’architetto perfetto: una figura ad ampio raggio, con una rilevante conoscenza del cosmo e delle sue leggi. Palazzi, templi e perfino interi centri abitati furono progettati ed edificati sulla base dei movimenti stellari, dunque con un orientamento di direzione ben preciso o con una struttura radicalmente connessa all’entità celeste da venerare. Perfino i riti di fondazione si basavano su quanto accade sopra le nostre teste.
Se il sole è ciò a cui dobbiamo la vita, per diverse culture è stato naturale il passaggio simbolico alla figura della ruota, pietra miliare lungo la strada dell’evoluzione in civiltà. In numerose rappresentazioni dell’astro solare e della corrispondente divinità, dal greco Apollo al Sūrya induista, troviamo la figura del carro in luogo della barca. Lo stesso Sūrya ne possiede uno trainato da sette cavalli, tramutatosi in una delle più imponenti architetture del mondo: il Tempio del Sole di Konark, in Orissa. Il viaggio del carro solare è qui assicurato dalla presenza di dodici paia di ruote, presenti nel tempio con un diametro di quasi dieci metri ciascuna. Una struttura eminentemente circolare caratterizza la disposizione dei megaliti presso il sito neolitico di Stonehenge, su cui si sono spesi numerosi studiosi. Fra questi spicca Isaac Newton con la sua particolare teoria: il complesso sarebbe una rappresentazione del sistema solare, con la stella correttamente al suo centro, il tutto sotto il dominio dell’azione gravitazionale. Stonehenge sarebbe dunque un’ottima candidata a essere un osservatorio astronomico, in particolare dedicato al moto solare.
Il legame fra architettura e astronomia si fa infatti realtà straordinariamente fisica nella coincidenza di obiettivi. È così per gli osservatori di tutto il mondo, talvolta veri capolavori architettonici. È questo il caso della Torre Einstein di Potsdam, in Germania, opera dell’architetto Erich Mendelsohn. Inaugurata nel 1924, la torre è un concentrato di istanze espressioniste. L’osservatorio astrofisico ha uno scopo ben preciso: fungere da laboratorio sperimentale per la verifica della deviazione luminosa, a sua volta parte integrante della teoria della relatività. Di fronte alla torre si ha la sensazione di essere piccoli ma ben accolti: è l’effetto di una struttura “organica” (come la definì lo stesso Einstein) e al contempo ammorbidita dalle linee ricurve e serpentine. Sul percorso della luce, del resto, la progettazione si è sempre soffermata nel corso della Storia, con risultati talvolta sorprendenti. Esempio lampante è la Cappella degli Scrovegni a Padova, le cui pareti ospitano i magnifici affreschi di Giotto. L’orientamento dell’edificio e delle sue finestre dava vita a un particolare gioco di illuminazione proprio il 25 dicembre, giorno quantomai significativo.
Se indirizziamo lo sguardo verso il nostro territorio riscopriamo affascinanti sintesi fra celeste e terrestre, in un continuo richiamo e raccordo di forme. Ecco stagliarsi sulla pianura la Stazione radioastronomica di Medicina (BO), gestita dall’Istituto di Radioastronomia dell’INAF. Grazie all’antenna parabolica di 32 metri di diametro e alla Croce del Nord, formata da due grandi rami perpendicolari, la stazione riesce a mappare il cielo captando anche sorgenti radio a bassa frequenza. È un’identità ossimorica, quella della stazione: un luogo di sosta e meditazione dedicato all’osservazione di una rotazione eterna. Come in un’orbita tutta sua, il pensiero si sposta seguendo lo stesso respiro, rovente e gelido al tempo stesso. Lo ritroviamo in tutt’altra opera della riflessione umana, nell’ambientazione di un film che con lo spazio ha molto a che fare, anche se non lo vediamo mai veramente. È Gattaca (1997) di Andrew Niccol. Per rendere l’esterno e l’interno della stazione spaziale è stato scelto il Marin County Civic Center, progettato da Frank Lloyd Wright e completato nel 1962. Una scelta intrigante, poiché il film risulta visivamente rétro pur raccontando una storia futuristica. La storia si fonda su una realtà futura, in cui l’unico modo per avere una vita soddisfacente è avere buoni geni. Cosa succede quando un “non valido” sceglie di ignorare le regole non scritte, ma molto chiare, di questa società? Può ritrovarsi a seguire il proprio sogno di diventare astronauta, combattendo una diagnosi infausta e lo stigma sociale. Perché a volte per rovesciare la prospettiva basta sollevare un poco lo sguardo e seguire la corsa dell’Universo.
*Fonte primaria: Carlo Cresti (a cura di), Architettura e costellazioni celesti, Angelo Pontecorboli Editore 2022. Si ringrazia per la disponibilità Simona Righini, tecnologa di INAF.
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