Una sfida interessante: sulla soglia di Finstral
Una vista degli stabilimenti di Finstral
Tendere all’eccellenza
di Chiara Tartagni
Lo sappiamo: una finestra è molto più che una semplice apertura. E l’impresa che ne ha fatto una filosofia?
Ne abbiamo parlato con Luis Oberrauch, Vicepresidente di Finstral.
«Solo chi concepisce un prodotto dall’inizio fino alla fine del processo realizzativo può svilupparlo in modo davvero completo»: è questa la soglia di Finstral?
Chi vuole creare qualcosa di unico non deve limitarsi a mettere insieme componenti già sviluppate e a disposizione di tutti. Bisogna avere la volontà e la disponibilità di andare oltre l’ultima fase di un ciclo produttivo. Noi partiamo dalla mescola delle materie prime e produciamo semilavorati unicamente su nostro disegno. Siamo diventati vetrai, esperti di legno, verniciatori: solo alla fine del processo siamo serramentisti e assemblatori. In più, vogliamo essere certi che la qualità di posa sia di alto livello. Con il tempo, quella che era necessità di risolvere problemi è diventata un modo di pensare, sempre più stimolante.
Qual è nella sua esperienza il confine tra “fare bene” e “fare meglio”?
Fare bene significa fare le cose rispettando normative, leggi, regole di mercato. Fare meglio per me significa non accontentarsi, cercare di sorprendere, uscire dai limiti. Il traguardo del fare meglio in realtà non è mai raggiungibile: più lo si avvicina, più si sposta in avanti. Si può arrivare a essere i più grandi, ma non a essere eccellenti. È questa la motivazione per continuare a migliorare.
In quale modo il lavoro di squadra rinnova ogni giorno la sua realtà?
Da noi si dice: “il successo ha tanti padri”. La discussione aperta e lo scambio di opinioni fanno nascere idee migliori di quelle che potrebbe avere una singola persona. Questo vale anche per il dialogo con i nostri clienti e partner. Può trattarsi anche di discussioni spontanee, in cui si deve essere disposti a riconoscere la validità delle idee altrui. Ecco perché il confronto quotidiano con la squadra è fondamentale e non va mai perduto. E quando si giunge insieme all’idea migliore, la riflessione deve portare a un’azione concreta. Teniamo molto alla nostra concretezza.
Nella sua professione si intersecano discipline apparentemente diverse?
Chi guida un’azienda deve vedere sempre l’insieme delle cose, i grandi temi come quelli apparentemente piccoli. Chi non si preoccupa dei temi operativi non avrà soldi in cassa. Chi non lavora sull’ottimizzazione continua non farà più utili. Chi non si occupa di innovazione, cambiamenti e sviluppi importanti, fra non molto non sarà più sul mercato. Non è facile, si deve stare in equilibrio costante fra dovere e potere. L’imprenditore deve relazionarsi con i collaboratori e con i clienti: proprio questo ci manca ora, la relazione. Ogni volta che incontro un cliente, la mia ultima domanda è: lei di cosa non è contento? Solo così sappiamo come migliorare.
A cosa associa il concetto di “soglia” e cosa significa per lei attraversarla?
Per me significa lasciare ciò che si conosce. Avere il coraggio di mettere piede su nuovi campi o strade. Le prime soglie sono quelle mentali, perché uscire vuole anche dire allontanarsi dal luogo sicuro. Secondo la mia esperienza, attraversare certe soglie provoca paura e perciò richiede coraggio. Ma farlo è essenziale: altrimenti, si rimane bloccati e non si riesce a fare davvero la differenza. Le esperienze indimenticabili sono quelle che fai dall’altra parte della tua paura e ti permettono di conoscere nuove culture.
Data l’origine del nome dell’azienda, che contiene un riferimento ai raggi del sole, qual è il valore che date alla luce?
Se pensiamo alle finestre, credo che ricavare le prime aperture nelle grotte avesse come scopo proprio portare dentro la luce del sole, fonte di vita. La finestra vera e propria sarebbe poi nata per permettere alla luce di entrare e allo stesso tempo proteggere contro intemperie, caldo, freddo, animali selvatici, ecc. Ma all’origine resta la luce: per questo in architettura è ancora così importante. Ed è per questo che da sempre lavoriamo con sistemi come profili sottili, vetri extrachiari, ecc.
Quali frontiere d’innovazione immaginate nella vostra professione?
Finché sulla terra ci saranno esseri umani, ci sarà bisogno di finestre e non vedo limiti nello sviluppo. Forse si creeranno sistemi più efficaci e con più funzioni. Si darà sempre più rilievo al valore estetico della finestra all’interno dell’architettura. Si lavorerà sul vetro, che è la parte più evidente. Si approfondirà l’autoregolazione, per avere un consumo energetico costante durante tutto l’arco dell’anno. È importante essere aperti a cose oggi ancora inimmaginabili, soprattutto in un ambito in cui si intrecciano scienza, chimica, tecnica. Penso che in azienda lavoreremo per rendere più snelli i processi e utilizzare in modo intelligente la digitalizzazione senza semplificare quello che è il prodotto stesso.
Può identificare Finstral con una parola o un’espressione?
Oltre a “concretezza”, direi anche “sfida interessante”, che è quella di accettare ogni giorno il bello e il difficile. Forse anche “positività”, perché è alla base di questa sfida, in cui siamo presenti, sempre disponibili al confronto. E infine “rispetto”, nei confronti di tutti: clienti, colleghi, fornitori.
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