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Forgotten Architecture Visits

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Tutto si può dimenticare: una canzone, il nome di una persona, il regista di un film. Dimenticare è facile. Che cosa salva dall’oblio, allora? La memoria collettiva. Forgotten Architecture serve a questo: a preservare la memoria collettiva. È un’esperienza di gruppo virtuale, nata su Facebook, che ha come obbiettivo quello di riscoprire architetture moderne dimenticate nel mondo. L’idea è semplice: recuperare progetti di architetti poco noti, sconosciuti, opere lasciate nell’ombra dei maestri, approfondire “figure minori”, unire le diverse formazioni didattiche in Storia dell’Architettura per integrare il proprio percorso universitario. Forgotten Architecture è un mondo popolato da più di 26.000 persone, provenienti da ambiti professionali diversi, architetti-studenti, architetti-professionisti, architetti-giornalisti. Annulla le barriere sociali e trasforma gli esseri umani in users a piede libero. Perché è dimenticato? Da chi è dimenticato? Stiamo costruendo una narrazione attraverso l’unione di teste che interagiscono, commentano, condividono. In quasi tre anni Forgotten Architecture è diventato molte cose, e oggi prende le sembianze di un tour in quattro architetture italiane alle quali siamo particolarmente affezionati.

8 Maggio – Milano

Ettore Sottsass Jr.
Casa di Arnaldo Pomodoro, Milano, 1968.

Aprirà al pubblico, per la prima volta, questa casa meravigliosa progettata da Sottsass per l’amico Arnaldo Pomodoro. O meglio, questa “non casa”, perché il committente chiede al suo architetto di fiducia di progettare uno spazio per una vita veloce, metropolitana, una sorta di studio dove accogliere gli amici e ricevere appuntamenti, fare telefonate e leggere il giornale. Un luogo, insomma, senza atmosfera affettiva e senza le memorie di chi la abita, ma che rispecchia l’anima di un professionista che non cerca quell’idea di vita, di serenità e di humour tipica dell’opera di Sottsass.A oggi la casa è di proprietà di una persona che ha avuto la sensibilità di non alterare minimamente la struttura degli interni e di preservarne ogni singolo dettaglio, che abbiamo l’onore di poter vedere con i nostri occhi.

foto © OP-Fot

15 Maggio – Modena

Cesare Leonardi
Casa Mescoli-Goich, Modena, 1984-93
+ visita archivio Architetto Cesare Leonardi

Leonardi era un vero genio multiforme: in un unico personaggio convivevano la sua figura di architetto, designer e urbanista con quella di fotografo, pittore e scultore con una predilezione per il legno, ricordo tangibile dell’esperienza maturata nella falegnameria di famiglia. Oggi abbiamo l’onore di visitare la Casa Mescoli-Goich a Modena, progettata da Leonardi tra il 1984-1993, e il suo studio, che oggi ospita l’archivio. Casa Mescoli-Goich nasce come incarico professionale e si trasforma in un’amicizia duratura tra Leonardi e i proprietari al cui interno dello spazio progettato dialogano in maniera inedita pitture ad olio e composizioni fotografiche, il design in vetroresina degli anni Settanta e i primi prototipi di sedute in legno giallo, una dimensione visionaria e insieme domestica.

foto © Archivio Architetto Cesare Leonardi

5 Giugno – Torino

Andrea Bruno
Studio di Ezio Gribaudo, Torino, 1954

All’inizio degli anni Settanta l’artista Ezio Gribaudo compra un terreno a 50 metri da casa sua a Torino e chiede al suo amico architetto Andrea Bruno di progettare il suo nuovo studio. Bruno progetta per l’artista un edificio in cemento armato a vista, la cui superficie è disegnata secondo una geometria lineare, composto da cubi aggettanti che sporgono verso l’esterno, con ampie finestre e tagli di luce nel cemento. Gli spazio interni sono suddivisi su tre livelli, l’elemento caratterizzante (anche qui) dello spazio è la scala-libreria che si fa protagonista del progetto, una sorta di scultura che riprende anche le forme delle opere di Gribaudo, di cui una, a forma di dinosauro, è proprio conservata all’ingresso dello studio.

foto © Studio Gribaudo

12 Giugno – Fregene

Giuseppe Perugini, Uga De Plaisant e Raynaldo Perugini
Casa Albero – Casa Sperimentale

Corre l’anno 1968 e Fregene è invasa dalla borghesia romana alla ricerca di un lotto dove costruire la casa al mare ma per Giuseppe Perugini, Fregene è molto di più di un luogo di passaggio. Sarà proprio qui che, alla fine degli anni Sessanta, l’architetto comprerà un terreno nei pressi della Pineta assieme alla moglie, Uga De Plaisant — anch’essa professionista del settore — per costruire la sua casa al mare. La Casa Albero è “casa continuum”, un eterno work in progress dove esperire il senso della vita tramite il rapporto diretto con la natura circostante. Accanto ad essa, Perugini realizza la “palla”, una sfera di 5 metri di diametro concepita come appendice esterna, a sua volta esempio di struttura abitativa.

foto © Raynaldo Perugini

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